La guerra commerciale mette a repentaglio lo 0,7% del Pil europeo

Scritto il 12/07/2025
da Titta Ferraro

Italia e Germania le più colpite con auto acciaio e farmaceutici sotto attacco

A prescindere dall'esito delle complesse trattative tra Washington e Bruxelles, la guerra commerciale scatenata dall'amministrazione Trump sta già tenendo sotto scacco l'economia del Vecchio continente, visto che ben un quinto dell'export dell'Unione, pari a oltre 532 miliardi di euro, è diretto oltreoceano. Da aprile gli Stati Uniti hanno portato i dazi medi sulle importazioni europee dall'1,3 al 6,7 percento. Questo comporta una perdita potenziale di decine di miliardi di euro di crescita. A questo si aggiunge il notevole deprezzamento del dollaro rispetto all'euro nella prima metà dell'anno, che si traduce in una sorta di dazio aggiuntivo per chi esporta i propri prodotti negli Usa.

L'impatto complessivo sull'economia europea dipenderà dall'aliquota su cui verrà trovata un'intesa. Da un'analisi dell'Ispi emerge che una tariffa del 10%, che ad oggi appare il male minore, significa un rallentamento della crescita dello 0,1% per l'economia continentale, mentre il contraccolpo salirebbe allo 0,7% in termini di minore Pil se i dazi americani balzassero al 50% minacciato da Trump. Tra i settori più esposti spicca quello farmaceutico, che con quasi 120 miliardi rappresenta il 15% del totale delle esportazioni Ue verso gli Stati Uniti. Seguono a distanza il settore auto (51 miliardi), macchinari industriali (34 miliardi) e apparecchiature elettriche (32 miliardi).

Tra i paesi più penalizzati c'è l'Italia con il dazio medio salito all'8%, seconda solo alla Germania (11%). Anche se in linea teorica i dazi sono uguali per tutti, a livello concreto non sono identici in tutti i settori economici; ad esempio, i dazi alle importazioni di alluminio e acciaio sono arrivati al 50%, e quegli agli autoveicoli al 25%, mentre in alcuni settori ci sono delle esenzioni come nel settore farmaceutico. Ne consegue che l'Italia ne esce penalizzata alla pari della Germania, la più esposta sia in termini assoluti (nel 2024 ha esportato merci per 161 miliardi negli Usa) che in termini di aliquote visto il forte peso dell'auto nell'industria tedesca. In concreto, considerando anche il deprezzamento del 13% del dollaro dall'arrivo di Trump, l'Ispi calcola che ad oggi il dazio reale che già grava sull'export italiano è del 21 percento.

L'incertezza di questa fase ha a sua volta un costo. «Il ritardo e la persistente incertezza riguardo a un accordo sui dazi tra Ue e Stati Uniti aggravano ulteriormente la crisi dell'industria siderurgica europea», è l'allarme arrivato ieri dall'industria dell'acciaio europea, riunita nell'associazione Eurofer, che chiede a Bruxelles che l'eventuale intesa con Washington tuteli le 3,8 milioni di tonnellate di esportazioni di acciaio europeo esenti da dazi verso gli Stati Uniti.

Intanto, Goldman Sachs ha avvisato che la crescita dei paesi che hanno forti rapporti commerciali con gli Stati Uniti potrebbe rallentare non poco nei prossimi mesi per una sorta di effetto boomerang dopo il balzo delle esportazioni verso gli States avvenuto nel primo trimestre, prima del Liberation Day del 2 aprile. «Due dei fattori che hanno alimentato questo slancio, ossia l'anticipo delle spedizioni verso gli Stati Uniti e l'aumento della domanda di export seguito all'apprezzamento del dollaro nel quarto trimestre del 2024, si stanno ora trasformando in venti contrari», argomenta la banca d'affari statunitense che stima un contraccolpo tra il 4 e il 15% alle esportazioni complessive nelle principali economie, con anche il rischio di un contagio negativo anche sulla produzione industriale.