Un volto, uno scatto. Gli occhi assenti, le guance scavate, la pelle segnata dai calcinacci divelti dai bombardamenti. L'orrore su quelle bocche che non parlano. E attorno a loro i detriti, i palazzi sventrati, le strade che sono cumuli di distruzione e morte.
Un volto, uno scatto. I bambini di Gaza. La migliore arma usata dai pro Pal per armare le coscienze europee contro Israele. Per denunciare (a senso unico) la guerra: le case devastate, l'infanzia rubata. Per denunciare l'emergenza umanitaria: ragazzini che raccattano cibo dalla polvere. Per denunciare la mancanza di medicinali: corpi esanimi che a stento trattengono l'ultimo alito di vita che se vola via. E più le foto riempiono social e stampa, più i pro Pal riempiono le piazze. Ma cosa succede a tutto questo buonismo ideologico quando viene fuori che la storia è diversa da come la raccontano quelle foto lì? Succede che nessuno condanna. Non lo hanno fatto quando un blogger palestinese aveva pubblicato le immagini di tonnellate di cibo per bambini nascoste dal ministero della Salute di Hamas in piena crisi alimentare. Non lo fanno oggi dopo che un'inchiesta ha svelato che i soldi della beneficenza non sono serviti a riempire le pance dei bambini denutriti della Striscia di Gaza bensì a ingrassare le casseforti dei terroristi di Hamas che forse non stanno manco più nella Striscia. Un frase vale più di tutte per descrivere lo schifo di questa storia: "Noi ci sacrifichiamo con i soldi, loro con il sangue". Una guerra voluta da loro, dai figli della jihad, una guerra che trova il sostegno di molti occidentali che non solo scendono in piazza (e pure in mare) per sostenere la resistenza palestinese ma che corrono anche ad aprire il portafogli. E, allora, dove sono adesso i flotilleros, i pro Pal del venerdì, i politici? Nessuno che pensi ora a quei bimbi? Nessuno che ammetta che questa storia finisce proprio dove è iniziata: nelle mani insanguinate di Hamas?