Guidalberto Bormolini è stato molte cose nella vita: operaio di una falegnameria, in seguito liutaio. Attualmente è consacrato e sacerdote in una comunità di meditazione cristiana: i Ricostruttori nella preghiera. Laureato alla Pontificia Università Gregoriana, ha conseguito la Licenza in Antropologia Teologica ed è dottorando in Teologia Spirituale presso l'Ateneo S. Anselmo a Roma. Si occupa in special modo di accompagnamento spirituale dei morenti ed è docente al Master "Death Studies & the End of Life" dell'Università di Padova. Ovvero è un tanatologo, parola moderna per quella disciplina antichissima che cerca di accompagnare l'uomo verso una buona morte, verso un cosciente e sereno distacco dalla vita. In questo percorso ha accompagnato anche personaggi noti come Franco Battiato. Lo abbiamo interrogato sulla morte delle Gemelle Kessler. Ovviamente un tema così delicato difficilmente è affrontabile senza una conoscenza diretta del percorso personale delle due artiste. Abbiamo quindi fatto un ragionamento che può solo sfiorare due vite così profondamente incrociate, proseguite intrecciate, come in un ballo strettissimo per 89 anni.
Padre Bormolini non abbiamo tutti i dettagli della situazione ma si sa che tra i gemelli esiste un legame fortissimo. In un certo senso una vita senza solitudine. La morte può essere percepita come una grande solitudine. Se avessero deciso di affrontarla assieme sarebbe così stupefacente?
"La vita in simbiosi di due gemelli è una cosa nota a tutti, che scelte decisive siano fatte in sintonia rientra in questo contesto noto. Se entriamo nell'aspetto di una scelta come questa, così apparentemente traumatica, può darsi che questa sintonia sia arrivata anche sino a questo. Se devo avere una posizione a caldo mi viene da dire: non diamone una interpretazione troppo romantica, viviamo in un'epoca di emulazione. E l'idea dell'amore sino all'ultimo può produrre effetti negativi perché riflettiamo poco sulla morte. Non ne vediamo più l'irreversibilità. Un fenomeno che colpisce molto i giovani".
Restando su questo caso, due persone con un legame molto forte, anche biologico, è possibile che sentano di non volersi sopravvivere?
"Allora, sicuramente le persone che si amano molto spesso hanno un vincolo che spezzandosi crea una ferita profonda. Anche senza pensare ai gemelli, capita che nelle coppie dopo la morte di uno dei due in breve tempo muoia anche l'altro, anche di malattia. A volte proprio di tristezza. Il legame d'amore è vitale, ma non va confuso con il possesso. Un legame profondo, tra persone, se non è fondato anche sull'amore per l'assoluto, difronte alla perdita fisica prova la sensazione di un vuoto assoluto. Solo se non siamo esclusivamente un corpo non cessiamo di avere un rapporto con la persona amata. Se no facciamo scelte mortifere, anche se attaccati alla vita".
Sempre coi se del caso. Abitavano in case comunicanti, hanno avuto una vita lunghissima, avevano detto di voler essere sepolte assieme nella stessa urna... Potrebbe essere una scelta molto lineare.
"L'essere umano è inconoscibile, il mistero umano non è penetrabile, nemmeno Dio si è permesso di entrare nel mistero umano quando, nel mito della Genesi, lo vediamo chiedere: Adamo dove sei?... Allora non posso certo pensare di essere io a penetrare nell'intimità delle gemelle Kessler. Mi è impossibile. È più importante indicare l'urgenza di costruire già in questa vita un legame con l'invisibile".
Andarsene assieme non può essere un'accettazione della morte?
"La morte come sedativo della fatica della vita non mi sembra una soluzione. La morte è un mistero profondissimo, non credo vada cercata. Nella morte volontaria vedo sempre il timore che il corpo sia la vita".
Hanno chiesto che le loro ceneri fossero sepolte nella stessa urna. Ci dice qualcosa?
"I cimiteri sono importanti come luogo di memoria, per chi è vivo. Ma nell'invisibile la comunione non dipende da un luogo fisico".

