Il Consiglio dell'Unione europea ha approvato la proposta che modifica il regolamento Ue 2024/1348 per quanto riguarda l'applicazione del concetto di "Paese terzo sicuro" e gli unici che si sono dichiarati contrari sono stati Spagna, Grecia, Francia e Portogallo, che non hanno comunque influito sul risultato, perché è stata raggiunta la maggioranza qualificata. Il Consiglio ha anche approvato il regolamento che istituisce un elenco di Paesi di origine sicuri a livello dell'Ue che, scrive il Consiglio, "amplierà le circostanze in cui una domanda di asilo può essere respinta per inammissibilità". L'Italia, ha detto il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, "ha giocato un ruolo importante" e a quest'intesa "diamo molta importanza", "siamo molto soddisfatti". Tra le pieghe delle varie regole dei vari elementi contenuti in questi regolamenti, ha spiegato, "ci sarà anche una possibilità che entrino in anticipo in vigore le regole del Patto migrazione asilo, proprio per quei temi che abbiamo molto a cuore, cioè l'effettuazione di una procedura accelerata di frontiera, con le espulsioni più veloci, soprattutto regole che possano chiarire e aiutare meglio gli Stati di frontiera nel gestire fenomeni complessi".
Infatti, il Consiglio ha inoltre completato un importante elemento del Patto sulla migrazione e l'asilo del 2024, concordando il primo elenco comune Ue di Paesi di origine sicuri, che consentirà agli Stati membri di trattare le domande di protezione internazionale in modo accelerato. Con il concetto di "Paese terzo sicuro" gli Stati membri dell'Ue potranno respingere una domanda di asilo come inammissibile (ovvero senza esaminarne il merito) quando i richiedenti asilo avrebbero potuto chiedere e, se ammissibili, ottenere protezione internazionale in un Paese terzo considerato sicuro per loro. Inoltre, sempre secondo le leggi approvate dal Consiglio, gli Stati potranno applicare il concetto di Paese terzo sicuro sulla base di tre pilastri: "legame" tra il richiedente asilo e il Paese terzo, il richiedente ha transitato attraverso il Paese terzo prima di raggiungere l'Ue, esiste un accordo o un'intesa con un Paese terzo sicuro che garantisca che la richiesta di asilo di una persona venga esaminata.
La norma sul Paese terzo, com'è ovvio, non si applica in caso di minori non accompagnati ma una delle novità più importanti risiede nel fatto che il richiedente che presenta ricorso contro una decisione di inammissibilità basata sul concetto di Paese terzo sicuro non ha più diritto di rimanere nell'Unione europea in attesa di decisione. I Paesi extra-Ue possono essere designati come Paesi di origine sicuri solo se raggiungono un'elevata soglia di sicurezza e le norme si basano sul presupposto che i richiedenti provenienti da tale Paese godano di una protezione sufficiente contro il rischio di persecuzione o gravi violazioni dei loro diritti fondamentali. Nell'elenco dei Paesi sicuri sono stati inseriti: Bangladesh, Colombia, Egitto, India, Kosovo, Marocco e Tunisia. Inoltre, per ovvi motivi, anche i Paesi candidati all'adesione all'Ue sono designati come Paesi di origine sicuri a livello di Unione.
"Sugli hub per i rimpatri, non spetta a me pensare ai Paesi terzi. Si tratta di negoziati tra gli Stati membri e poi con i Paesi terzi. Sarebbe positivo, naturalmente, se più parti unissero le forze. Penso ai Paesi Bassi, che stanno discutendo con l'Uganda. La Germania ha già aderito ai colloqui. Così come l'Italia e l'Albania. Ma non spetta a me decidere; abbiamo ormai gettato la base giuridica, affinché sia possibile prendere in considerazione idee così nuove e innovative", ha dichiarato il commissario Ue per gli Affari interni e la Migrazione, Magnus Brunner, al suo arrivo al Consiglio Ue Interni. "Ora disponiamo del quadro giuridico affinché gli Stati membri possano creare centri di accoglienza e altre soluzioni di questo tipo con i Paesi terzi, il che è estremamente importante per cambiare le carenze fondamentali dell'attuale sistema di asilo, il suo malfunzionamento, il fatto che aiutiamo le persone sbagliate e non aiutiamo le persone effettivamente bisognose, e possiamo controllare la migrazione verso l'Europa", ha detto il ministro per l'Immigrazione della Danimarca, Rasmus Stoklund.
I Centri di accoglienza e rimpatrio in Paesi terzi rappresentano il meccanismo operativo per esternalizzare l'esame o la gestione dei migranti al di fuori dei confini dell'Unione Europea, sfruttando la nuova base giuridica stabilita dal Patto sulla migrazione e l'asilo. La funzione principale di queste strutture è quella di trasferire i richiedenti asilo verso un Paese extra-UE ritenuto sicuro. Una volta in questi centri, che sono gestiti, finanziati o almeno coadiuvati dallo Stato membro promotore, si procede con l'esame accelerato delle domande di asilo in base al concetto di "Paese terzo sicuro" o alla valutazione della loro ammissibilità. L'obiettivo è duplice: ridurre la pressione sui sistemi di accoglienza europei e, soprattutto, scoraggiare gli attraversamenti irregolari disincentivando il viaggio verso l'Ue, poiché l'arrivo non garantirebbe l'accesso automatico al territorio europeo.
Questo pone i centri italiani in Albania, pronti da tempo e in attesa di essere impiegati, in una condizione giuridica pressoché inattaccabile, rendendoli utili allo scopo per il quale sono stati costruiti: un principio che numerosi altri Paesi, successivamente, hanno adottato per esternalizzare le procedure, anche se in Italia sono stati fatti oggetto di battaglia politica e giudiziaria. "Se il percorso si completerà con l'anticipazione dei tempi di entrata in vigore del ampio quadro regolatorio europeo, i centri in Albania si ricandidano con forza ad essere attivi su tutte le funzioni per i quali erano stati concepiti, quindi luoghi di trattenimento per l'esercizio delle procedure accelerate di frontiera, ma soprattutto a candidarsi ad essere il primo esempio di quei return hub che sono citati proprio da uno di questi regolamenti, quindi un esempio di quello che poi l'Europa ha voluto approvare con un regolamento", ha aggiunto il ministro degli interni itaiano a margine dell'incontro di Bruxelles. Ma, soprattutto, ha sottolineato il titolare del Viminale, "al momento la gestione dei centri è nostra ma i regolamenti adottati prevedono anche la possibilità di accordi per una gestione estesa ad altri Paesi", spiega. "Adesso potremo fare accordi con altri Paesi e potremo valutare di farne anche di più. Chiaramente nel voler dare attuazione a queste importanti, innovative, nuove regole europee sarà non solo possibile, ma addirittura incoraggiato da queste regole".

