Italia nuda ai play-off

Scritto il 18/11/2025
da Franco Ordine

Non è colpa di ct e assenti. Siamo lenti, le scuole fanno solo tattica, i giocatori sono scarsi. Cartellini alle stelle, stranieri più economici e ora abbiamo paura: del 3° flop

Forse, tra qualche tempo, dovremo benedire la seconda sveglia ricevuta dalla Norvegia nel giro di 4 mesi, perché è servita a spedire nel cestino scuse e ragionamenti per giungere finalmente al capolinea di scomode realtà. Cominciamo dalla prima: non è colpa del ct. Siamo passati da Spalletti, accusato, con qualche ragione, di essere poco adatto al compito del selezionatore, a Rino Gattuso che ha ricucito lo strappo e instaurato un rapporto umano splendido, senza cambiare passo. Non è la guida del club Italia, il problema. Passiamo alla seconda realtà: non inseguiamo il rimpianto per qualche assente, tipo Calafiori, Tonali e Kean perché non ci avrebbero garantito un altro destino o un altro risultato. Il crollo verticale, denunciato nella ripresa di San Siro, è stato tecnico, emotivo e fisico e per questo senza possibilità di appello. La terza scomoda realtà con cui fare i conti è: non possiamo tirare fuori dal cassetto rivendicazioni tipo l'eventuale cambio di data per l'andata con la Norvegia o ancora peggio polemiche sui criteri di selezione del prossimo mondiale.

Adesso che arriviamo nudi alla meta dello spareggio, dobbiamo evitare l'altro rischio: l'effetto panico. E cioè che la paura, o meglio ancora per citare l'espressione usata da Donnarumma, lo "sgretolamento" visto con la Norvegia, possa scavare una buca ancora più profonda sotto i piedi del club Italia che non deve nemmeno illudersi di ricevere qualche assist in vista degli appuntamenti di marzo. "Non c'è disponibilità sulla sospensione di un turno di campionato" riferisce una fonte federale a dimostrazione che già la richiesta di un paio di stage risulta complicata da ottenere. Se addizioniamo la severa sconfitta di San Siro alla prova più recente dell'under 21 di Baldini in Polonia, allora è possibile tracciare un minimo comun denominatore e segnalare l'incredibile distanza tra la velocità, l'intensità e la forza fisica di altre espressioni calcistiche rispetto ai pari età italiani. E ancora: non conviene più neanche reclamare la famosa riforma dei campionati visto che i nazionali norvegesi praticano proprio in Inghilterra dove viaggiano al doppio dei nostri, le partite di Premier league hanno una durata media più lunga delle nostre e fanno i conti con un torneo in più addirittura. Dobbiamo ripensare al nostro calcio dalle fondamenta e cominciare proprio dalle scuole calcio che oggi drenano risorse alle famiglie e puntano più alla strategia che alla tecnica. Paolo Maldini, in una recente intervista retrospettiva sulla sua luminosa carriera, ha spiegato: "Ai miei tempi, se non avevi una tecnica eccellente, non potevi giocare in serie A!". Oggi è così? Assolutamente no. Infine c'è l'aspetto economico: gli italiani trovano poco spazio in serie A perché il costo dei cartellini è esagerato rispetto a colleghi di nazionalità diversa. Leoni, con meno di un torneo di A nel curriculum, è costato 35 milioni.