L'Hannoun pensiero è un profluvio di dichiarazioni, interviste, opinioni espresse in pubblico e in privato che provano a mascherare o negare il legame con Hamas ma non riescono nell'intento di nascondere la sua simpatia verso il gruppo terroristico. Solo lo scorso agosto, rispondendo a una domanda sull'appartenenza ad Hamas, dichiara: «È una bufala, sono semplicemente un palestinese impegnato da decenni nella lotta per i diritti del suo popolo». Poi però aggiunge «Hamas ha avuto più del 70% dei voti a Gaza e in Cisgiordania, quindi è un legittimo rappresentante del popolo palestinese. E io sono simpatizzante di Hamas come lo sono di ogni fazione che lotta per i miei diritti». Hannoun si presenta perciò come un semplice «simpatizzante» del gruppo terroristico islamico e, intervistato lo scorso anno da Repubblica, in merito ai finanziamenti ad Hamas afferma: «Non ho mai finanziato Hamas, ma, visto che me lo chiede, dico che Hamas rappresenta un partito che è stato democraticamente votato dal popolo palestinese, mentre condanno quegli appartenenti ad Hamas che commettono atti di terrorismo».
Hannoun ha una scusa per ogni cosa e, in merito ai soldi inviati in Palestina, spiega che servono ad aiutare orfani o famiglie: «Ma tutto è trasparente. Intanto perché rendiconto in dettaglio ogni donazione, poi perché il tramite sono persone fidate che operano con strutture religiose, e infine perché le banche palestinesi sono continuamente monitorate da Israele». Eppure, dopo la fine della guerra a Gaza, riferendosi alle esecuzioni di presunti collaborazionisti da parte di Hamas dichiara: «La resistenza palestinese, che ha pagato con il sangue, ha fatto giustizia, come in tutte le rivoluzioni del mondo». Il suo linguaggio d'odio è emerso con chiarezza quando, dopo le aggressioni ai tifosi israeliani ad Amsterdam, ha elogiato gli aggressori ricevendo un foglio di via da Milano per istigazione all'odio. La sua risposta alla decisone del Daspo non si è fatta attendere con una delle sue numerose dichiarazioni contro Israele e gli ebrei: «Sono stato una vittima della lobby sionista, che non fa altro che attaccare le nostre dichiarazioni, che sono dichiarazioni chiare. Non abbiamo mai due facce come loro, che sostengono i criminali e parlano di pace». Lo scorso 16 dicembre sul sito dei Carc, il Partito dei comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo, è stata pubblicata un'intervista ad Hannoun introdotta da un testo scritto dai militanti dei Carc in cui si sostiene la necessità di «cacciare il governo Meloni e sostituirlo con un governo di emergenza popolare. Un governo partigiano della pace e della Palestina libera che agisce attuando la Costituzione del 1948».
Nell'intervista Hannoun afferma che «c'è un clima di tensione in Italia» e attacca i quotidiani (tra cui Il Giornale) che «demonizzano e criminalizzano le persone pro Palestina da parte di alcuni giornali che non hanno fatto altro che criminalizzare e diffamare la mia immagine e l'associazione che gestisco». Poi difende Francesca Albanese e l'imam torinese Mohamed Shanin, attacca il governo e si rivolge ai servizi segreti dicendo «Noi operiamo e lavoriamo nella massima trasparenza». Arriviamo poi alle intercettazioni diffuse dalla procura di Genova dopo il suo arresto in cui Hannoun dichiara: «Noi ci sacrifichiamo con i soldi e con il tempo, ma loro con il sangue» riferendosi al sostegno a quella che lui definisce «resistenza». In un'altra intercettazione spiega che «la maggior parte dei soldi vanno alla Muqawama», la resistenza armata di Hamas. Resta sconcertante come una figura che ha espresso in questi anni pensieri così radicali, violenti e fiancheggiatori di un gruppo terroristico, abbia avuto un tale credito nella sinistra che gli ha persino spalancato le porte delle istituzioni.

